"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Serafino Ponte Grande, di Oswald De Andrade (Torino, Einaudi, 1976).

 

Serafino Ponte Grande” (Serafim Ponte Grande) è un romanzo scritto da Oswald de Andrade che narra la storia di Serafim, un personaggio protagonista unico nella São Paulo degli anni ’20, uscita da una guerra civile. La sua unicità deriva dal fatto che è l’unico cittadino libero della città semplicemente perché possiede un cannone nel suo cortile.

Serafim è un funzionario pubblico, ma di certo non un modello di comportamento. L’autore stesso lo descrive come un individuo incline all’anarchismo rugoso. Lavora in un’organizzazione governativa responsabile dell’igiene urbana, che lui stesso chiama sarcasticamente “scarradeira”. Sposato e con figli, Serafim afferma che sua moglie è stata “prescelta per errore da un momento di sensualità sul divano dell’adolescenza”.

Nel corso del libro, Serafim narra la sua infanzia e adolescenza, e la sua unione forzata con Lalá, la donna che è stato costretto a sposare. Il contesto storico è la Rivoluzione del 1924, che viene ironizzata nel romanzo. La città è in fiamme, l’ordine è minacciato. In questo clima favorevole a ogni tipo di trasgressione, Serafim ruba i soldi che i rivoluzionari avevano lasciato; uno dei suoi figli, Pombinho, uccide il capo e fugge in Europa a bordo di un transatlantico.

Il romanzo “Serafino Ponte Grande” di Oswald de Andrade mette in evidenza diversi temi, tra cui l’ironia della storia e della politica, l’individualismo e la libertà personale. L’importanza del libro risiede nel suo approccio unico alla narrativa, allontanandosi dai canoni tradizionali della letteratura e sfidando le convenzioni letterarie dell’epoca. Inoltre, il libro rappresenta uno scorcio significativo della storia brasiliana, in particolare della città di São Paulo durante un periodo di cambiamento sociale e politico. La trama coinvolgente e la voce narrativa di Serafim rendono il libro un’opera di grande interesse letterario.

 

Un autore singolare

José Oswald de Andrade Souza, noto come Oswald de Andrade, è stato uno dei poeti brasiliani più influenti del movimento modernista. Nato il 11 gennaio 1890 a San Paolo, ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del suo paese.

La vita di de Andrade è stata alimentata da una feroce passione per l’espressione artistica e una volontà inarrestabile di sfidare gli schemi convenzionali. Membro fondatore del Gruppo dei Cinque, insieme a figure illustri come Mário de Andrade, Anita Malfatti, Tarsila do Amaral e Menotti Del Picchia, è stato uno dei protagonisti del movimento modernista brasiliano.

Ma è stato con il suo famoso Manifesto Antropófago, pubblicato nel 1928, che de Andrade ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura mondiale. In questo manifesto, ha esposto la sua teoria sulla “cannibalizzazione” delle altre culture come forma di resistenza contro l’oppressione culturale. La sua frase iconica “Tupy or not Tupy, that is the question” ha ispirato generazioni di artisti che, come lui, si sono ribellati alle norme imposte dalla società.

De Andrade era un ardente sostenitore della libertà di espressione e della provocazione intellettuale. La sua visione del Brasile come una nazione in grado di assimilare e trasformare le influenze culturali esterne ha trovato un forte riscontro nelle sue opere. Nei suoi scritti, ha utilizzato uno stile poetico e caustico che mescolava umorismo, critica sociale e visione profetica.

Tra le sue opere più importanti troviamo romanzi come “Memórias Sentimentais de João Miramar” (1924) e “Serafim Ponte Grande” (1933), che hanno affrontato tematiche complesse come la società brasiliana, la modernità e la ricerca dell’identità nazionale. Il suo lavoro teatrale “O Rei da Vela” (1937) è stato considerato rivoluzionario per la sua rappresentazione coraggiosa e controversa della società brasiliana.

De Andrade ha anche lasciato un’impronta indelebile nel campo della poesia. Il suo libro “Poesia Pau-Brasil” (1925) è un capolavoro di innovazione linguistica e tematica. Con il suo linguaggio audace e la sua mescolanza di parole tradizionali e neologismi, ha gettato le basi per una nuova forma di espressione poetica in Brasile.

La sua eredità artistica ha influenzato artisti di ogni genere, dalla letteratura alla musica. Il cantautore Fabrizio De André, ad esempio, ha citato de Andrade come uno dei suoi poeti preferiti, riconoscendone l’atteggiamento libertario e il suo umorismo caustico.

Oswald de Andrade è stato un pioniere, un provocatore e una voce che ancora risuona nel panorama culturale brasiliano e internazionale. La sua vita e le sue opere continuano a ispirare artisti e intellettuali di tutto il mondo, dimostrando che la ricerca della libertà creativa e dell’espressione individuale è un’esigenza universale che supera le frontiere culturali.

 

Il parere del cacciatore

Il libro, con una nota di Haroldo de Campos e per la traduzione di Daniela Ferioli, è stato stato stampato in unica edizione da Einaudi nel lontano 1976 (nella collana I coralli), e comunque a circa cinquant’anni dall’uscita in Brasile. Come tutti i titoli non ristampati, si è fatto decisamente raro con il tempo, spuntando valutazioni anche importanti tra i librai, a causa soprattutto dell’importanza e della singolarità dell’autore. L’autore sarà prima o poi riscoperto dalla critica, ad ogni modo già rappresenta una delle voci più interessanti del ‘900, non solo brasiliano. Conviene trovare le sue opere principali, in perfette condizioni, come per esempio Memorie sentimentali di Giovanni Miramare (Feltrinelli, 1970), che è davvero raro.

 

 

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