"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

L’enigma Cesanese svelato: Il mistero del vitigno millenario

 

L’enigma Cesanese: la storia di un vitigno italiano che non ha parentele con altri vitigni italiani, di Piero Riccardi; postfazione di Sandro Sangiorgi (Roma, Iacobellieditore, 2023).

 

È sempre affascinante vedere un mistero antico finalmente svelato e Piero Riccardi ci offre esattamente questo con il suo libro “L’enigma Cesanese” (Roma, Iacobellieditore, 2023). Attraverso meticolose ricostruzioni e approfonditi studi sul DNA del Cesanese, l’autore ci conduce in un viaggio avvincente attraverso la storia e l’origine di questo millenario vitigno.

L’opera di Riccardi non solo getta luce sulla vera origine del Cesanese, ma sovverte anche molte credenze popolari che lo collegavano erroneamente agli Etruschi, ai Greci o ai Romani. La sua ricerca rivela che il Cesanese di Affile ha origini orientali e potrebbe essere stato introdotto in Italia dai monaci basiliani attorno all’anno mille, forse nel 1200. Questa scoperta porta con sé incredibili implicazioni storiche e culturali, spingendoci a ridefinire la nostra comprensione della viticoltura e della storia agricola italiana.

Un elemento intrigante è la smentita delle precedenti teorie che attribuivano la paternità del Cesanese ad altre antiche popolazioni. Riccardi afferma che, nonostante le numerose ricerche, non esistono tracce di varianti comuni del vitigno al di fuori delle Terre storiche di Affile. Questa conclusione, supportata da evidenze scientifiche e storiche, pone il Cesanese di Affile in un contesto unico e ne ridefinisce l’eredità.

Uno degli aspetti più affascinanti del libro è la suggestiva ipotesi che il Cesanese potrebbe essere stato introdotto da un monachello basiliano proveniente dalla Cappadocia, in cerca di una nuova terra dove poter adempiere ai suoi rituali di culto. Riccardi ci conduce attraverso questa intricata storia di migrazioni e influenze culturali, facendoci riflettere sul legame profondo tra la viticoltura

 

Perché il libro è importante ma sarà forse malvisto

Il libro di Piero Riccardi sul Cesanese di Affile rischia di diventare scomodo e inviso alla viticoltura italiana ufficiale per diverse ragioni. Innanzitutto, il Cesanese di Affile è classicamente considerato un vitigno autoctono della regione laziale e la sua longeva presenza nella tradizione vitivinicola italiana ha contribuito alla costruzione di una particolare identità enologica legata alla zona.

Tuttavia, la rivelazione che il Cesanese di Affile non ha parentele genetiche con altri vitigni italiani, come sostenuto da Riccardi, potrebbe minare le basi stesse su cui si fonda questa identità enologica. Questa scoperta potrebbe destabilizzare non solo i disciplinari DOC, ma anche le convinzioni radicate dei viticoltori e dei consumatori legati a questa tradizione millenaria.

Inoltre, l’idea che il Cesanese di Affile potrebbe non avere una storia legata agli antichi Romani o agli imperatori e ai papi potrebbe rappresentare un colpo per il turismo enogastronomico della regione e per l’immagine stessa del vitigno e del vino. La storia legata all’antichità e alla nobiltà romana è spesso un importante elemento di attrazione per i turisti e un fattore di prestigio per i produttori.

E ancora: l’indagine condotta da Riccardi potrebbe mettere in discussione il ruolo della scienza nel determinare le tradizioni e le identità enologiche. La rivelazione che le origini del Cesanese di Affile potrebbero essere diverse (si parla dell’Anatolia in Turchia) da quanto comunemente accettato solleva interrogativi sulle pratiche di certificazione e sulle basi scientifiche su cui si fondano le denominazioni di origine controllata e protetta. Il libro rischia pertanto di provocare una riflessione più ampia sulla natura stessa dell’autoctonia e dell’identità enologica, spingendo a considerare il ruolo del tempo, delle migrazioni e delle influenze storiche nella definizione di ciò che è considerato “autoctono”. Questa prospettiva potrebbe mettere in discussione alcuni concetti chiave della narrativa enologica tradizionale, minando le basi stesse su cui si fondano le percezioni comuni legate al vino e alla viticoltura italiana.

 

Il parere del cacciatore di libri

Il libro è interessante, esce per un autore consolidato e radicato nel tessuto editoriale romano, ma non ci è dato sapere quale sarà l’eco che potrebbe generare nel settore di competenza. Riteniamo che possa avere tutte le caratteristiche di “libro proibito”, tanto care ai collezionisti e ai venditori di libri controversi su internet e nei mercatini. Esaurita la disponibilità editoriale e montando un probabile caso, potrebbe farsi ricercato.

 

 

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