"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

 

Stechiotrono: 1964, di Gian Pio Torricelli ([Bologna], A. Maramotti, 1976 [in: Tau/Ma]).

4 fogli incollati, copertina mobile di cartone; Formato di 16 x 23 cm.

 

 

 

 

 

 

Chi è l’autore?

Gian Pio Torricelli, il “matto”. Scrive Maurizio Spatola nella sua prefazione a Dunque Torricelli, di Caterina Fantoni (Modena, Edizioni Artestampa, 2025):

“(…) Nell’autunno del ‘64 Gian Pio [Torricelli] aveva fatto parte, con Adriano Spatola, Giorgio Celli, Corrado Costa, Claudio Parmiggiani ed Ennio Scolari, di quel gruppetto di inquieti giovanotti che aveva dato vita al movimento parasurrealista, che si proponeva una rivisitazione “a freddo” dell’ultimo surrealismo bretoniano, quello basato sull’intreccio fra anarchismo bretoniano, quello basato sull’intreccio tra anarchismo letterario e scrittura automatica, leggibile psicanaliticamente più in chiave lacaniana che freudiana: le teorie parasurrealiste furono esposte per la prima volta sul secondo numero di Malebolge. (…)
Non intendo affatto affermare che Torricelli nei suoi lavori letterari lanciasse segnali di un male oscuro, cioè di un qualche disagio psichico, Ma piuttosto esprimesse la sua reazione a quella società malata (anche nelle sue espressioni letterarie, artistiche e culturali in genere) contro la quale si battevano in quegli anni con varie forme di lotta milioni di giovani in tutto il mondo. Ed è paradossale che Gian Pio sia stato sconfitto non da quel mondo insano che combatteva con le armi dell’arte e della poesia ma dalla istituzione psichiatrica che avrebbe dovuto difenderlo, invece di distruggerlo come ha fatto: destino comune a quello di un altro grande poeta maledetto del primo novecento, Dino Campana, nonostante gli enormi progressi compiuti in 60 anni dalla psichiatria e in barba alla Riforma Basaglia del 1978.”

Non abbiamo ancora cominciato e già si dà del matto al nostro poeta? Beh, Maurizio Spatola sta solo raccontando la non facile esistenza di Torricelli (nato a Modena nel 1942, scomparso nel 2018).
Torricelli nel 1967 si era segnalato anche per aver difeso a pugni la giovane poetessa Patrizia Vicinelli da due giovanotti ubriachi, anche se poi la vicenda fu raccontata a rovescio e da difensore lui diventò praticamente l’aggressore.

Scrive Sebastiano Vassalli ne I racconti del mattino (Novara, Interlinea, 2017):

“Io ricordo di aver conosciuto Torricelli a Fiumalbo, nel 1967, quando godeva di una sua piccola notorietà per aver fatto l’eco a Umberto Eco e per aver pubblicato con le vecchie edizioni Lerici un volumetto intitolato Coazione a contare (Fig. 281), che partendo da 1, 2, 3 arrivava a 4998, 4999, 5000. Fine. Gli agenti della questura di Modena lo presero un giorno che stava seduto sulla “pietra ringadora” a fumare una marlboro – così a me i fatti sono stati raccontati – e gli contestarono l’uso di sostanze stupefacenti (hashish). In galera diede in escandescenze e fu trasferito al manicomio criminale di Reggio Emilia, dove ebbe come difensore l’avvocato Corrado Costa, arcade del luogo. (Interpellato da amici sulla sorte del torricelli, alcuni anni dopo il fatto, pare che il Costa abbia detto: «ora è più calmo». «Sta meglio»).”

Da quel giorno per Torricelli non c’è pace. Da allora non si farà che parlare della sua psiche, di ricoveri, di TSO.

Ma la svolta nella produzione di Gian Pio Torricelli avviene nel 1965, con la pubblicazione di Dunque Cavallo (Bologna, Sampietro). Caterina Fantoni ne ricostruisce attentamente la genesi editrice. Si tratta di una raccolta di ventidue poesie surrealiste, una delle quali avrebbe dovuto dare il titolo alla raccolta, La stampella amputata. L’editore si impegna, secondo contratto, a stampare un minimo di ottocento copie. Secondo i canoni bibliofili e collezionistici non si tratta di una quantità limitata. Ottocento copie, sia pur stampate oltre cinquant’anni fa, non sono poche. Ma cercarle è quasi fatica sprecata. Il libro si è come volatilizzato. Io sospetto che non sia stato conservato, se non dagli addetti ai lavori. Il lettore medio non può comprenderlo.
Ad ogni mondo è documentato che il papà di Gian Pio concorse alla spesa, versando una somma all’editore. Denaro che non fu mai recuperato, secondo le informazioni della Fantoni.

In quegli anni Torricelli ha tutti i critici e i “colleghi” poeti ai suoi piedi, per non dire degli editori. E stiamo parlando di gente come Gillo Dorfles, Edoardo Sanguineti, Vanni Scheiwiller, Antonio Porta, Eugenio Miccini, Guido Davico Bonino di Einaudi, Giorgio Celli.

Purtroppo, tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio della decade successiva, Gian Pio è preda della droga, e con essa si riaffaccia la grave questione delle condizioni mentali. Il suo carattere irrequieto peggiora e viene coinvolto in episodi di violenza. Si cominciano ad accumulare vari reati e la situazione diventa ingestibile.

Secondo Umberto Eco, in Costruire il nemico: e altri scritti occasionali (Bompiani, 2011):

“(…) il prodotto estremo del primo Gruppo 63 si era avuto quando nel 1968 Gian Pio Torricelli aveva pubblicato da Lerici Coazione a contare, in cui per una cinquantina di pagine apparivano stampati in lettere alfabetiche, l’uno appresso all’altro e senza virgole, i numeri da uno a cinquemilacentrotrentadue. Se a questo si era giunti, finiva allora un’epoca e doveva incominciarne un’altra.”

 

 

Di cosa parla il libro?

Testo in apparente flusso di coscienza, alternato a formule matematiche e simboli che ricordano pentagrammi musicali ma più complessi e con matrice matematica.

 

 

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