"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Una Londra così nessuno l’aveva mai vista prima!

London by Gian Butturini, di G. B. (Verona, SAF, 1969).
London by Gian Butturini, di G. B. (Bologna, Damiani, 2017); a cura di Martin Parr.

 

Gian Butturini (1935-2006) è stato uno dei più grandi fotografi e fotoreporter italiani, noto a livello internazionale. Inizia la sua attività a Brescia negli anni ’50 come grafico pubblicitario; negli anni successivi riceve molti riconoscimenti e vince premi prestigiosi, come il Premio Philips nel 1967.

La svolta della sua carriera avviene nel 1969 con la pubblicazione del volume London by Gian Butturini (Verona, SAF), probabilmente c’è anche un’edizione pilota stampata a Brescia, stesso anno, dallo Studio Butturini. Il libro inaugura i grandi reportage, che porteranno il fotoreporter in varie realtà del mondo, dal Cile a Cuba, alla Spagna e all’Algeria.

London by Gian Butturini è un modo nuovo di vedere le città e il mondo. E rappresenta un punto di svolta della fotografia moderna. L’opera viene acclamata anche nel Regno Unito e a tutt’oggi è considerato uno dei libri fotografici più importanti mai realizzati sulla capitale.

 

La mia Londra è vera, è spoglia. Non gli ho chiesto di posare. E questo libro non è una storia, non è un documentario, non ha un prima e un dopo, e non cerca di provare, smentire o convincere. Sono gli appunti fotografici di un uomo della strada a contatto diretto con uomini della strada. Ne ho registrati migliaia e poi li ho scremati, puliti, tagliati. Poi lo ho assemblati: alcuni accoppiamenti controversi, l’occasionale enfasi ironica, un pizzico di pietà, un sorriso quasi trattenuto. Non desidero nemmeno chiamarlo commento. Non ci sono parole, sotto. O considerazioni. O frasi ” intelligenti “.”

L’opera nel 1969 fu realizzata in appena mille copie, che con il tempo – data la popolarità del volume e il crescente interesse storico ed artistico che ha rivestito – si sono fatte sempre più rare.

 

La decisione “fatale” di ristampare il volume!

 

Nel 2017 l’editore Damiani di Bologna, in collaborazione con il grande fotografo inglese Martin Parr, e con il consenso degli eredi di Butturini, decide di ristampare l’opera e “salvare” così il libro London by Butturini, visto che non se ne trovava più una copia. Le poche che comparivano in vendita dai librai antiquari spuntavano valutazioni da record.

La ristampa è in facsimile e il libro viene riproposto integralmente, con in aggiunta solo un’introduzione curata dallo stesso Parr; in essa egli scrive anche:

“‘Butturini voleva fare un libro politicamente carico. Il libro di Londra è stato l’inizio della sua vocazione fotografica e la sua inclinazione a sinistra si è manifestata nei suoi libri successivi che ha prodotto in territori in conflitto come il Cile e l’Irlanda del Nord.”

Ma alla fine quali sono taglio e impostazione dati dal fotoreporter al suo lavoro? Ebbene, il contenuto, sia scritto che fotografico, è niente altro che l’osservazione di strada della vita quotidiana della città. Butturini ha fotografato hippy, donne con neonati, bambini, neri, bianchi, poveri, uomini d’affari e altro ancora: il libro è un mix eclettico, multietnico e trasversale. Non ha prestato attenzione a spiegare o collocare (anche se qualcosa ha scritto, bastava leggere). Ha messo lì le immagini, che parlano meglio delle parole. Al lettore la sentenza. E la sentenza arrivò, esattamente a 50 anni di distanza.

Nel 2019, infatti, due anni dopo la ristampa del libro, una giovane ragazza, avuta questa nuova edizione in dono per il suo diciottesimo compleanno, ha affermato di essere rimasta letteralmente scioccata dall’accostamento di due immagini e ha deciso di far conoscere all’opinione pubblica l’esistenza di un contenuto fortemente razzista all’interno del libro, dando così inizio a una vera e propria tempesta sui social.

 

Che cosa c’era che non andava?

Due scatti, una donna di colore imbronciata e infagottata nel suo cappotto e un gorilla cupo e depresso chiuso in una gabbia dello zoo. Due scatti che inseriti in pagine diverse del libro non avrebbero sortito effetto alcuno. Ma il fatto che siano stati proposti come dittico, cioè due foto affiancate quindi volutamente “legate”, ne ha trasformato completamente il significato. E il gorilla associato a una donna di colore, corpulenta e dall’aspetto cupo e depresso come il gorilla postole di fianco ha scatenato accuse di razzismo nei confronti del curatore del libro e dell’editore, coinvolgendo anche, nel ricordo e nella considerazione, l’intera opera dello stesso Butturini, che era scomparso da oltre un decennio.

 

Le conseguenze

 

Le conseguenze sono subito clamorose. Il fotografo Martin Parr viene costretto a scuse pubbliche. Proprio lui che aveva definito l’edizione del 1969 di London un autentico gioiello trascurato e dimenticato da riportare assolutamente all’attenzione del grande pubblico, sollecitandone una ristampa che poi sarà fatta. Di fronte agli attacchi dell’opinione pubblica e dei media, nel luglio del 2020 ammette una presunta connotazione razzista nel dittico incriminato. Si scusa pubblicamente, dimettendosi di fatto dalla direzione artistica del prestigioso Bristol Photo Festival e chiedendo addirittura la messa al macero del volume. La sua stessa carriera ha subito un serio contraccolpo per via dell’episodio.

L’Associazione Gian Butturini non ci sta e di lì a poco allestisce a Milano una Mostra dal titolo Save the book, con tutte le foto del libro incriminato. Una mostra in difesa della libertà di immagine e di pensiero, contro l’intolleranza e la censura che, senza motivazioni reali e senza discussioni, hanno imposto il ritiro del libro.

Come ebbe a dichiarare la curatrice dell’allestimento, Gigliola Foschi (fonte  www.themammothreflex.com):

È un diario di immagini spontanee e autentiche, vive e graffianti, di giornate vissute intensamente girando per la città tra giovani della Swinging London, ragazze in minigonna, drop-out che si fanno di eroina, immigrati, neri, emarginati, abitanti della City che paiono esistere in un mondo a parte dove tutto è ‘per bene’. Butturini crea immagini dirette, sgranate, ombrose o troppo schiarite, ma anche ritagliate, manipolate, accostate a elementi grafici, a frammenti di testi…”.

Eppure Butturini stesso aveva spiegato la foto della donna, nell’introduzione dell’edizione 1969:

Ho fotografato una donna nera, chiusa in una gabbia trasparente; vendeva biglietti per la metropolitana: una prigioniera indifferente, un’isola immobile, fuori dal tempo nel mezzo delle onde dell’umanità che le scorreva accanto e si mescolava e si separava attorno alla sua prigione di ghiaccio e solitudine”.

 

 

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