"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Quando il libro oggetto vince sul libro feticcio: le copertine da collezionare.

 

di Alessandro Brunetti

 

Il collezionista è un accumulatore seriale che ha il controllo dello spazio. Per questo ogni volta che qualcuno mi chiede come faccia a collezionare tante cose apparentemente inutili, io rispondo semplicemente: vedi disordine nella mia dimora?

 

Perché parlo dei collezionisti? Perché la bibliofilia ha tante perversioni possibili, e una di queste riguarda le copertine. Proprio la scorsa settimana ho venduto la mia raccolta di quindici titoli della Rizzoli, collana La Scala, con le celebri illustrazioni di Mario Dagrada, e l’acquirente è una collezionista di questi libri.

Molti dei lettori sapranno già di cosa parlo, ma le repliche le fanno in tv con Montalbano, vuoi che non si facciano anche sul Cacciatore di Libri?

Allora cominciamo subito con Mario Dagrada, visto che lo abbiamo appena evocato. Il suo nome è sicuramente legato a quello di Angelo Rizzoli che lo volle nella sua casa editrice per contrastare la Mondadori. Dagrada ha 27 anni e una visione chiara: i libri della collezione La Scala (dal 1961 al 1972 circa) devono essere unici. Via la sovraccoperta di carta, via qualsiasi informazione su autore e trama. La copertina deve essere assoluta protagonista. Per la biografia e la presentazione del volume nasce un cartoncino inserito nel libro stesso, oggetto ricercatissimo dai collezionisti, con foto e a volte disegni. Le sue copertine sono un’esplosione di colore, alcune volte più misurata, altre violenta e carica di espressività. Ci sono titoli che hanno stretto un così intenso rapporto con la loro copertina da diventare un’icona indissolubile. Per chi cerca questi libri la caccia non è difficile. Grazie alla loro ottima fattura hanno superato senza troppi danni anche le sei decadi. E come al solito ci sono titoli la cui quotazione svetta decisamente, come per Roversi, Bianciardi, Cassola. Attenzione però, un esemplare completo deve avere la sovraccoperta in celluloide trasparente, il cartoncino di presentazione e l’eventuale fascetta editoriale.

Dagrada per Rizzoli ha firmato anche altre copertine, in particolare la serie di saggi a cui appartiene per esempio Mia Avventura di Sciltian o Mamma Roma di Pasolini. In queste al posto di forme e colori abbiamo foto o grafiche in bianco e nero virate in monocromatico, sempre diverso. Sono molto belle ma stranamente ancora poco ricercate. E anche più rare.

Se Dagrada aveva come concorrenti Munari e Albe Steiner, di sicuro non può essergli sfuggita la vicenda editoriale di Alberto Mondadori, che parallelamente al suo lavoro in Mondadori, azienda di famiglia, fonda la sua Il Saggiatore nel 1958. Anche il nome di questa casa editrice ha una storia, che ai bibliofili di certo non è sconosciuta. Perché Il Saggiatore è un trattato scritto da Galileo Galilei sull’origine delle comete, e il titolo del trattato deriva dalla bilancia di precisione detta saggiatore, con la quale si fanno misurazioni a prova di errore.

Alberto Mondadori ha anche lui idee precise, e inventa una collana che per bellezza estetica e rigore grafico si impone subito sul mercato. Parlo delle Silerchie, opera di Giovanni Balilla Magistri e poi, dal numero 74 di Bruno Binosi. Qui le cover sono pura poesia, segni astratti che arricchiscono le copertine in cartoncino rigido, trasformando i libri, messi uno dopo l’altro affiancati, in una galleria d’arte. Il logo della casa editrice, la marca editoriale de Il Saggiatore, è opera proprio di Magistri, che così la descrive al figlio: “Il logo della casa editrice Il Saggiatore ha la barra centrale che è la lettera iniziale I, mentre la doppia linea curva è la prima lettera della parola Saggiatore. Mi dirai che la S sotto non fa un cerchio, ma chiudendo la linea ho voluto rappresentare la Terra e dare un senso di libera diffusione della cultura”.

Oggi le Silerchie (a proposito, il nome deriva da una residenza estiva dei Mondadori) sono diventate meno facili da trovare. Credo che i collezionisti di questi libri non siano proprio pochi e abbiano fatto incetta. Se ne trovate una, prendetela con voi. E attenzione alla numero 89. Unica a essere realizzata da un designer diverso: è Epigrafe di Umberto Saba, opera della brava e elegante Anita Klinz.

Anche nel caso delle Silerchie, come in un albero genealogico, si può e si deve cercare un precedente. Senza neanche essere originali, il nome che viene in mente è Insel-Bücherai, la celebre e ricchissima collezione creata a Lipsia dalla Insel Verlag nel 1899. Anche qui si tratta di copertine da venerare, per la raffinatezza, per la sensazione di cura che emanano, per il piacere tattile di maneggiarle. La prima volta che ne ho vista una sono rimasto colpito, mi è bastato uno sguardo per amare la collana tedesca che annovera centinaia di titoli e di cui è facile imbattersi in ogni mercatino, anche fuori dai patri confini. I libri più antichi li riconoscete subito, hanno i titoli scritti in Fraktur, il gotico tedesco celebre per molte testate giornalistiche, come la Frankfurter Allgemaine.

Ho accennato prima a Anita Klinz. Forse meno nota di Munari o Steiner, almeno per i non addetti ai libri, e dotata di un linguaggio grafico originale e innovativo, capace di rivoluzionare con la sua eleganza minimale le copertine de Il Saggiatore prima e di Mondadori poi. Anita Klinz dovrebbe essere studiata oggi per la sua modernità, e collezionata per la bellezza delle sue copertine, anche di quelle collane che furono meno fortunate in quanto a mercato, e forse per questo oggi assai rare da trovare.

Ho lasciato per ultimo Bruno Munari, perché mi piace pensare che abbia attraversato in un modo o nell’altro la vita di tutti quelli che ho già citato. Una prova? La Silerchia di Saba di cui ho parlato prima, con i versi del poeta che si fanno copertina, cos’è se non la base su cui Munari svilupperà la collana Einaudi di poesia, in cui il blocchetto di versi è esso stesso elemento grafico e invito alla lettura?

Nella creatività tutto può essere creato nuovamente, partendo dagli stessi percorsi le strade si moltiplicano, si allontanano verso nuove mete, ma spesso si incrociano di nuovo. Percorretele sempre, e scoprite le intersezioni: è lì che si nasconde la bellezza.

 

 

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