"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

la grafica del minuscolo nella recente editoria

di Aldo Lo Presti

 

Per quanto riguarda il carattere minuscolo utilizzato nella grafica editoriale si riporta quanto ha scritto Marco Minzoni nel 2019, dal momento che difficilmente si potrebbe scrivere meglio:

«Nel 1925 Walter Gropius commissionò a Bayer la progettazione di un “carattere tipografico” da utilizzare per tutte le comunicazioni ufficiali del Bauhaus. Seguendo l’approccio funzionalista, Bayer disegnò un “font idealista”. Il carattere, denominato “Carattere Universale”, è un sans-serif geometrico. Secondo Bayer, non solo non era necessario l’apporto delle grazie, ma neanche l’esistenza di lettere maiuscole. Il carattere infatti contempla solo lettere minuscole. Questo carattere fu apprezzato da Gropius, in quanto conteneva l’essenza dei principi del Bauhuas. Universal è infatti un chiaro esempio del dogma “la forma che segue la funzione”, e tramite l’eliminazione delle lettere maiuscole ha segnato un punto di rottura con una tradizione lunga centinaia di anni».

E la funzione principale della grafica (non solo editoriale) sarebbe quella di seguire le varie committenze pronte ad esigere prodotti in grado di concedersi allo sguardo dei lettori/consumatori con tutta la necessaria forza persuasiva di cui sono capaci.
Così, senza soffermarci troppo sui manifesti di Wim Crouwel, Josef Müller-Brockmann, Dan Reisinger e Bruno Wiese, o le soluzioni grafiche di Gae Aulenti per Casabella (1960), sebbene pertinentissimi al nostro argomento “minuscoloide”, possiamo citare a volo d’uccello quegli editori (italiani) che hanno utilizzato nelle loro copertine il carattere minuscolo, sebbene più o meno timidamente: la Mondadori per le copertine interne della Biblioteca Moderna degli anni ’50-60, il Vanni Scheiwiller della collana Poesia novissima (vedi il volume di Adriano Spatola, intitolato L’Ebreo negro, 1966), la Sansoni con Università (“Unimark International” di Salvatore Gregorietti, Bob Noorda e Massimo Vignelli, 1972).

…e poi la morte dell’ultimo teologo, di David M. Turoldo (Torino, Gribaudi, 1969)

Senz’altro meno timide, anzi tutt’altro che indecise sul da farsi, furono le ormai quasi dimenticate Piero Gribaudi Edizioni che nel 1969 pubblicarono nella collana La Parola, per una letteratura dell’uomo d’oggi, diretta da Giorgio Calcagno, un volume di David M. Turoldo, dal titolo …e poi la morte dell’ultimo teologo con una soluzione grafica (sovracoperta in carta Ingres di Fabriano vergata ad avvolgere una brossura muta che sarà poi la soluzione scelta anche per la Memoria di Sellerio e nel 2015 della Iperborea) dove il minuscolo è utilizzato sia per il titolo, il nome dell’autore e persino il nome della collana!

Ma questo espediente grafico fu soprattutto “affare” della controcultura giovanile (anche di destra, come nel caso del Bollettino interno del Circolo Culturale «13 gennaio» di Castellanza stampato in proprio nel 1979 senza maiuscole nel titolo) perché sembrò più adatto (infischiandosene come fece dei vincoli della grammatica) a corrispondere alle esigenze di libertà avanzate dalle classi sociali in subbuglio in quegli anni vivacissimi e tragici, una massa di nuovi lettori e lettrici sempre più alfabetizzata, in febbrile attesa di divorare testi politici e/o socio-psicologici ma anche fumetti, a partire dall’ormai celebre linus (rigorosamente in minuscolo!), “la colta intelligente intuizione di Giovanni Gandini cui il grafico Salvatore Gregorietti forniva la chiarezza di un grande titolo”, per usare le parole di Italo Lupi.

25 anni di grafica rivoluzionaria. La Cina dei cinesi con considerazioni sul dopo Mao, di Gino Nebiolo (Ivrea, Priuli & Verlucca, 1973)

Ecco allora, a precedere ed affiancare le Salamandre di Giovanni Barbatiello si può senz’altro citare un volume “fuori schema” completamente minuscoloide della casa editrice Priuli & Verlucca (fondata a Ivrea da Gherardo Priuli e Cesare Verlucca), e più precisamente i 25 anni di grafica rivoluzionaria. La Cina dei cinesi con considerazioni sul dopo Mao, del giornalista Gino Nebiolo, stampato nel 1973, a precedere pertanto tutta la successiva stampa di libri dedicati alla montagna, alla fotografia, all’arte ed alle tradizioni piemontesi e alpine (e non è forse un caso che in un seguitissimo sito enciclopedico on-line si fa iniziare l’attività editoriale della Priuli & Verlucca al 1974!).

 

 

Il Collettivo, a cura del Collettivo politico metropolitano (Milano, Tavernerio, Tipografia Comense, gennaio 1970).

A questo volume si accompagnarono numerose pubblicazioni dove il minuscolo non fu di contorno: il numero unico il collettivo stampato dal milanese Centro Informazioni Politiche nel 1970 a cura del Collettivo Politico Metropolitano nel quale militavano Renato Curcio, Margherita Cagol e Alberto Franceschini, poi tra i fondatori delle Brigate Rosse; il n. 3 della collana controcultura a cura di Marcello Baraghini intitolato fare contro informazione edito da Stampa Altenativa battente bandiera Savelli (1972); il supplemento al Quotidiano dei lavoratori intitolato 28 maggio ’74. la strage fascista di Piazza della Loggia, pubblicato nel 1978. Titoli e immagini che, a parte il Baraghini, abbiamo tratto dal meraviglioso catalogo La contestazione: 1960-1980 della Libreria Antiquaria Pontremoli.

Che cos’è l’anarco-comunismo, di Alexander Berkman (Milano, La salamandra, 1978)

Ed a proposito dell’immaginazione… in copertina forse non si va del tutto fuori strada se si rintraccia nel volume feltrinelliano di George Woodcock, dal titolo l’anarchia: storia delle idee e dei movimenti libertari, del 1966 e progettato da Silvio Coppola, il precedente più significativo e potente per tutta la grafica antagonista e anarchica successiva, rappresentata dalla già evocata casa editrice La Salamandra, dal cui catalogo ricchissimo e raro traiamo il volume apparso come n. 8 della collana il filo rosso di Alexander Berkman, ossia che cos’è l’anarco comunismo, tirato dalla Compograf nel gennaio del 1978 “interamente” stampato in corsivo, compreso cioè il nome dell’autore (contrariamente agli altri titoli della collana).

Nel decennio successivo, definibile “di riflusso”, questo stile si appanna, potendosi citare le sole copertine disegnate da Pierluigi Cerri per Costa & Nolan (1983) dove il carattere minuscolo è utilizzato per caratterizzare il nome della sigla editoriale in calce alla cover.

Scritti di bibliografia, editoria e altre futilità, di Roberto Palazzi; a cura di Massimo Gatta e Mauro Chiabrando (Macerata, Biblohaus, 2008).

Saltando, pertanto, tre decenni, si arriva alla nascita della Biblohaus di Simone Pasquali a Macerata nel 2008, l’ultima per ora ad utilizzare il carattere minuscolo per le proprie pubblicazioni, una casa editrice, però, citata a volte come “Bibliohaus”, quando in realtà si tratta di un nome composto da “Biblo” (antica città porto della Siria, celebre per il commercio del papiro) e “Haus”, casa in tedesco, quindi per estensione ‘casa del papiro’ a terminare così come abbiamo cominciato la nostra “futilità bibliofila”: col tedesco!

 

 

 

 

 

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