Zoltán Szitnyai (1893-1978) è stato uno scrittore e sceneggiatore ungherese, noto per un approccio narrativo pessimista e critico nei confronti delle disarmonie sociali e umane. Nato a Selmecbánya (oggi Banská Štiavnica, Slovacchia), dopo gli studi giuridici a Budapest intraprese una carriera amministrativa prima di dedicarsi alla scrittura.
La sua produzione letteraria, copiosa e variegata, include:
Romanzi: Bolondok tornya (“La torre dei pazzi“, 1928), primo successo che segna il suo stile cupo. Élni akarok (“Voglio vivere“, 1929), esplorazione delle tensioni esistenziali. A Kegyelmes Úr rokona (“Il parente di Sua Eccellenza“, 1940), critica alla società borghese. Őrzők a vártán (“Sentinelle all’erta“, 1957), autobiografico, scritto durante l’esilio.
Sceneggiature: L’adescatrice (1941), Az 5-ös számú örház (1942) e Jelmezbál (1942), opere cinematografiche che riflettono il suo interesse per temi drammatici.
La narrativa di Szitnyai si distingue per un diffuso pessimismo esistenziale: le sue opere evidenziano conflitti interiori e critiche alla società, con toni spesso amari e disincantati. Poi notevole è la componente dell’autobiografismo: testi come Őrzők a vártán integrano elementi della sua esperienza di esule, dopo quattro anni di carcere sotto il regime comunista.
Notevole l’influenza culturale: pur non appartenendo alla cerchia degli autori ungheresi di successo internazionale come Zilahy o Márai, contribuì alla diffusione di temi critici nella letteratura ungherese tra le due guerre. La sua opera, sebbene meno celebre di quella di alcuni contemporanei, offre un ritratto crudo della condizione umana, con uno stile che privilegia l’analisi psicologica e il realismo sociale
In Italia le sue opere furono portate da La caravella di Roma negli anni ’40 del XX secolo e da Baldini & Castoldi nello stesso periodo. Raro e interessante Il cerchio d’oro: romanzo [mascherata]; traduzione dall’ungherese di Mario Brelich Dall’Asta (Roma, La caravella, 1945).
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