"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Federico Almansi, l’angelo

Il celeste scolaro, di Emilio Jona (Vicenza, Neri Pozza, 2015)

C’è un libro che dovete assolutamente leggere, tanto è bello. Si tratta de Il celeste scolaro, di Emilio Jona (Vicenza, Neri Pozza, 2015).

Sì, è un romanzo, ma i fatti narrati sono rigorosamente veri. Tutto parte da un caso di cronaca. Il processo a un uomo, il libraio antiquario Emanuele Almansi che compare davanti al Tribunale di Milano (anno 1953) con l’accusa di tentato omicidio del figlio Federico di ventotto anni. Il padre, ebreo, schivo e lavoratore, per le circostanze si trova costretto a rivelare il grande segreto di famiglia. Da generazioni gli Almansi devono convivere con una vera e propria maledizione: la follia.
Spiega perciò al giudice il suo gesto con l’ossessione che lo aveva pervaso, vedendo il giovane Federico spegnersi poco a poco per andare incontro a quella schizofrenia ereditaria che non gli avrebbe dato scampo, come a molti altri membri della famiglia in passato.

Eppure le aveva tentate tutte. Aveva perfino sposato una donna montanara dal fisico forte, sano e asciutto, Onorina Berra. Sperava in cuor suo che la sua robustezza e la sua salute bilanciassero e forse spegnessero per sempre il demone latente che albergava nella stirpe e nel sangue degli Almansi, ma tutto era stato vano.

Federico Almansi

Emilio Jona era più giovane di Federico di tre anni, e gli era amico. Accompagnando la sua vita fino all’età adulta, fu il testimone impotente di questo terribile destino.
Federico andrà incontro alla fine prevista, con gravi crisi depressive e sempre più frequenti ricoveri in manicomio, fino a spegnersi del tutto a soli cinquantaquattro anni.

Poesie (1938-1946), di Federico Almansi (Firenze, F. Fussi, 1948)

Ma questa è la fine. L’inizio ha almeno qualche anno di gioia da offrire. Federico è un bambino e poi un ragazzo bellissimo, con un viso angelico e degli occhi celesti che stregano il vicino di casa degli Almansi, prima a Padova e poi a Milano, ossia il grande scrittore triestino Umberto Saba.
Saba rimane affascinato dalla bellezza di Federico, frequenta la famiglia e passa interminabili pomeriggi con il ragazzo, al quale trasmette la passione per la poesia e per le lettere.
Lo esorta perfino a pubblicare un libretto – ed eccoci finalmente al lato più interessante – scrivendogli una accalorata prefazione.
Il libro è Poesie (1938-1946) (Firenze, F. Fussi, 1948); la pubblicazione fu fisicamente stampata dai torchi della storica Stamperia Artidoro Benedetti di Pescia presso la quale, scusate la digressione, Gabriele D’Annunzio volle stampare la sua Lettera al legionario Alceste De Ambris con xilografie dell’amico Lorenzo Viani, su carta Magnani.

L’editore Fussi di Firenze, orbita Sansoni, non era certo l’ultimo arrivato. Pubblicava Edgar Allan Poe e Paul Valéry, tanto per fare due esempi illustri. Senza l’intervento di Saba, non avrebbe probabilmente accettato il manoscritto di un esordiente. Ad ogni modo, furono stampate cinquecento copie regolari numerate e ventuno in carta speciale ognuna delle quali contrassegnata dalle lettere dell’alfabeto (che all’epoca non contemplava le lettere cosiddette “straniere”).

Il Venerdì di Repubblica – numero 1420 del del 5 giugno 2015 – “Il ragazzo delicato che fece innamorare Umberto Saba”, di Brunella Schisa.

(copertina)

Ma torniamo a Federico Almansi. Come detto, pare che fosse un ragazzino bellissimo, probabilmente l’unica foto esistente fu pubblicata sul Venerdì di Repubblica nel numero 1420 del 5 giugno 2015, a corredo di un illuminante articolo di Brunella Schisa. Nella foto è piccolissimo, ma già si apprezzano i tratti del volto. Fatto sta che, secondo Jona, Saba ne fu folgorato e per alcuni anni la sua vita in un certo senso rallentò, perché Federico era diventato un elemento centrale. Qualcuno vocifera che ci fu anche dell’altro, ma Jona rifiuta queste illazioni ed è convinto che l’amore che Umberto Saba sicuramente provava verso il ragazzo era comunque un sentimento platonico. Eppure Federico fu da alcuni definito la “musa maschile dell’ultima parte del Canzoniere”, la cui versione definitiva fu composta, appunto, nei primi anni ‘40.
Ecco una di queste poesie dal contenuto più esplicito, a lungo censurata:

“Penso i tuoi occhi, i tuoi begli occhi, pieni / di lacrime all’addio sotto i miei baci. / Ritornerò. Solo perché mi piaci / così, come ti han fatto padre e madre.”

 

In anni più recenti una raccolta delle poesie di Federico Almansi è stata pubblicata con il titolo Attesa. Poesie edite e inedite (Mergozzo, Sedizioni, 2015).

 

Ecco una delle ultime poesie di Federico, prima che il seme della pazzia affondasse le sue radici nella sua mente turbata:

“Cogli almeno un pensiero / d’amore nell’inferno del tuo cuore / e sarai salvo, rompi / il cerchio che ti chiude, il muro d’odio / alzato dalle tue mani inesperte / e rivedrai un volto a lungo sognato / nelle notti in cui avevi come amica / la pazzia. E non aver paura di dire / parole che tutti sanno. La tua / storia è scritta. E non crederti, / come t’hanno chiamato, occhi di cielo: / chi conosce l’azzurro dell’anima / non ha le sue radici / piantate nella terra e tu vivrai / a lungo, anche se i tuoi occhi saranno / coperti dalle ombre della morte”.

 

 

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