"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

Una storia da libro Cuore?

Giovanni Farina (nato a Tempio Pausania nel 1950) è il fuorilegge sardo dell’anonima sequestri che fu sequestratore e carceriere dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini negli anni 1996-1998. Fu il principale responsabile (assieme ad Attilio Cubeddu) della detenzione dell’uomo d’affari.
Di una sua “produzione poetica” si comincia a parlare nel 1990, anno in cui si trova presso il carcere di Fossombrone e partecipa a un corso d’italiano (per la licenza media). Gli viene affidata una poesia sugli aquiloni e la sua è la migliore di tutto il corso.

La sua prima pubblicazione fu In cerca di un’altra luce: poesie (Pesaro, Puntoacapo, 1991), curata da Maria Teresa Borghi. Questo libretto di sessantaquattro pagine è virtualmente introvabile; ce n’è appena una copia schedata, presso l’Arkiviu Bibrioteka Tommasu Serra di Guasila

Ecco la produzione che riguarda Giovanni Farina:

In cerca di un’altra luce: poesie (Pesaro, Puntoacapo, 1991) rarissimo / introvabile

Poesie: Giuseppe Soffiantini pubblica alcune poesie di Giovanni Farina (Roccafranca (BS), La Compagnia della Stampa – Massetti Rodella Editori, 2007); molto raro.

Nonostante i cacciatori di uomini: Autobiografia (Guasila, Editziones de su Arkiviu bibrioteka “T. Serra”, 2013) raro.

Aspettando il 9999: poesie e scritti dall’ergastolo e dal 41 bis (Dogliani, Sensibili alle foglie, 2015) raro

Sogni lucenti tra mura bianche di cemento: poesie e racconti (Firenze, Associazione Liberarsi ONLUS: Libriliberi, 2017) raro

A parte il primo libro del 1991, che è letteralmente scomparso, degli altri il più curioso mi pare proprio quello con l’introduzione di Giuseppe Soffiantini, il quale così pubblica poesie del suo ex carceriere.

Racconta lo stesso Soffiantini nell’introduzione:

“La pubblicazione di queste 55 poesie, tratte dall’archivio di Giovanni Farina, è nata su sollecitazione dello stesso che nel dicembre 2006 mi chiedeva in una lettera di aiutarlo a realizzare un sogno (…)
Ho perciò deciso di portare allo scoperto l’anima poetica, che è l’anima buona di Farina, l’anima ab-origine, non contaminata dalla cruda ambizione di avere o di sembrare un uomo forte e duro.
La pubblicazione delle poesie di Giovanni Farina ha il sapore del perdono, di un perdono verso l’uomo-Farina che non vuole essere un perdono per il reato di cui è accusato.
Ma nel leggere le sue numerose poesie ho percepito il “buono” che c’è nell’uomo, prima ancora che conosca il “male” e l’abbrutimento della prevaricazione dell’uomo sull’uomo. (…)
Farina ci descrive il suo faticoso andare nella vita quotidiana, in mezzo a una miriade di dissonanze del vivere, dove solo l’amore può dare luce e calore o il ricordo dell’infanzia, vissuta nella pace della campagna da lui tanto amata. (…)
Ben piccola solidarietà vuole essere la mia che con questa pubblicazione dà voce all’inquietudine di Giovanni Farina, ma è sincera e sentita verso un uomo che, attraverso lo scrivere, può trovare il bene che la cultura ispira e la forza per declinare la sua vita verso i sentimenti più profondi che allontanano l’uomo dalla ferocia primordiale per tendere verso l’umanità e la virtù.”

Insomma, Soffiantini lo ha perdonato, o per lo meno ha perdonato il lato abbrutito di Farina. Ma dimostra una sorpresa e una meraviglia quasi infantile e quindi sincera verso il lato poetico di quest’uomo. Ed esaudisce il suo sogno. Il sequestrato diventa il promoter del suo stesso carceriere.

Ecco, tratta dal libro, la poesia Anche questo:

Anche questo / avrà fine / come quell’ombra / che giunse / strisciando / fino ai piedi / della montagna / raggiungendo la mia casa / nascondendo / nel buio / i miei occhi

Giovanni Farina ha avuto (e ancora adesso) una vita frenetica e avventurosa. Nato in Sardegna ma subito trapiantato in Toscana, a Prato per l’esattezza. Stava in una casetta sui Monti della Calvana, zona collinare montuosa sopra la città. Stava lassù costretto a guardare le pecore nei pascoli più inaccessibili della regione.

Una vita già segnata, già impostata. Con un padre disabile che non può lasciare da solo.

A venticinque anni lo arrestano per una rapina in banca, accusa da cui sarà poi assolto. Ma è troppo tardi: nei dieci mesi passati in cella conosce tutti quelli che poi diventeranno i suoi complici dell’anonima sequestri sarda. Da lì in poi il passaggio al “lato oscuro” è definitivo. Partecipa a due rapimenti, viene ricercato dalla polizia.

La giostra gira all’impazzata. La latitanza in Venezuela, nei peggiori bar di Caracas… poi in Colombia dove sarà arrestato ed estradato in Italia, la lunga trafila dei carceri, da Volterra a San Gimignano, Livorno, Firenze, Fossombrone, Porto Azzurro.
Poi l’Australia, di nuovo l’Italia. Accuse, complotti. Fu perfino ritenuto colpevole dell’omicidio di Roberto Calvi, il banchiere del Banco Ambrosiano il cui corpo fu rinvenuto sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra. Di colpo Farina diventa il capro espiatorio degli insoluti misteri italiani.

 

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