"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Ero amico di Angelo Fabbri – Bologna: un gruppo di studenti, un delitto del Dams (Bologna, Pendragon, 2012).

 

 

 

 

 

 

L’ombra del delitto: il misterioso assassinio di Angelo Fabbri

 

Bologna, 1982. La quiete della zona bucolica della val di Zena viene rotta da un ritrovamento macabro. Tre cercatori di tartufi si imbattono in un corpo inerte, un cadavere martoriato da undici coltellate. Quell’orrenda scoperta porta un nome: Angelo Fabbri, un promettente studente del DAMS, Dipartimento delle Arti, Musiche e Spettacolo, di soli ventisei anni e allievo brillante del famoso intellettuale, romanziere e saggista, Umberto Eco.

 

A soli ventisei anni, Angelo Fabbri non era uno studente ordinario. Era esuberante e allo stesso tempo tranquillo, geniale, intuitivo ma anche socievole e goliardico. Nato a Cervia, era noto per la sua fervida intelligenza e l’accattivante retorica. Con l’obiettivo di far carriera come ricercatore universitario, Fabbri si era trasferito da Cervia in un piccolo appartamento situato in via Mirasole a Bologna. Tra i suoi coinquilini, Enrico Gulminelli, che molti anni più tardi scriverà un libro di memorie e ricordi del suo amico e collega, Ero amico di Angelo Fabbri – Bologna: un gruppo di studenti, un delitto del Dams (Bologna, Pendragon, 2012).

Durante un periodo in cui l’affiliazione politica o certe frequentazioni avrebbero potuto costituire un movente per un omicidio, Angelo Fabbri rimase apparentemente lontano da questi pericoli. Era uno studente molto serio, non coinvolto in politica o droga, ed era sicuramente concentrato sui suoi studi. Era un ragazzone di 190 cm per quasi cento chilogrammi di stazza. L’ultima volta che venne visto in vita, stava preparandosi per andare a Roma per festeggiare il Capodanno con amici. Durante la notte tra il 30 e il 31 dicembre 1982 ha avuto una lunga telefonata con un amico. Successivamente, nella notte, lasciò la sua abitazione per non farvi più ritorno.

Il giorno seguente, il suo corpo martoriato da undici coltellate venne scoperto nella val di Zena da due cercatori di tartufi. La ferocia delle coltellate e le circostanze del crimine suggerivano che più di un assassino potesse essere coinvolto. Il suo omicidio rimane ad oggi un mistero irrisolto. Le molte ipotesi formulate non hanno prodotto frutti. Umberto Eco, che conosceva personalmente Fabbri, si interrogò anche lui: il ragazzo potrebbe aver inavvertitamente infastidito un gruppo malavitoso?

Una coppia fu arrestata il 6 gennaio per sospetti legati alla loro attività politica; tuttavia, non furono trovate prove concrete e furono infine rilasciati. L’ipotesi della vendetta organizzata, come suggerito da Eco, rimane un possibile spunto d’indagine. Quarant’anni dopo, il ricordo dell’enigma dell’omicidio di Fabbri persiste. Un giovane pieno di promesse, con un futuro luminoso, la cui vita venne brutalmente interrotta lasciando dietro di sé un mistero inquietante e indelebile nella storia della città di Bologna.

Romagnolo, trasferitosi a Bologna da Cervia per studiare, Fabbri era noto come un giovane tranquillo, appassionato di musica, cucina e arte, ma soprattutto delle lezioni di Umberto Eco, “Il Professore”, come lui amava chiamarlo. Cosa potrebbe aver spinto qualcuno a toglierli la vita così brutalmente? Chi voleva la morte di quel giovane col profilo così lontano da qualsiasi tipologia criminale?

 

Eco si rivedeva forse in Angelo Fabbri?

Il rapporto tra Angelo Fabbri e Umberto Eco è forse una delle parti più affascinanti di questa storia oscura. Il giovane studente aveva scelto il DAMS, affascinato dalle lezioni di Eco, e presto divenne uno dei suoi allievi più brillanti. Ne parla Enrico Gulminelli nel suo libro, e infatti all’interno del suo racconto, si coglie il legame profondo e l’affetto sincero che univa il giovane studente e il maestro.

Umberto Eco nutriva viva simpatia per Angelo, si divertiva con i suoi scherzi e le sue caricature, ed era una presenza costante nella vita del giovane; lo confermano le parole con cui lo ha ricordato in Secondo diario minimo (Milano, Bompiani, 1992):

(…) Ma la ragione psicologica per cui il progetto si è poi arenato è stata la tragica scomparsa di uno dei suoi più brillanti animatori, Angelo Fabbri. Senza di lui al tavolo della pizzeria nessuno aveva più voglia di continuare. Per questo pubblico anche due voci congiuntamente firmate (e pensate) con Angelo Fabbri, che in tal modo voglio ricordare (…)

Ma chi avrebbe potuto desiderare la morte di Angelo Fabbri? Oltre 40 anni dopo, non c’è ancora una risposta e forse non ci sarà mai. Le indagini, avviate subito dopo il ritrovamento del corpo, seguirono varie piste, fra cui quello passionale e quello criminale, ma tutte le varie ipotesi sono andate a sbattere nel vuoto.

La storia di Angelo Fabbri illustra un periodo turbolento della storia italiana, illuminando però anche la bellezza della vita accademica, il fervore intellettuale e il profondo legame che può venirsi a creare tra un maestro e il suo allievo. Una storia di intersezione tra l’antico e il moderno, tra la luce dell’intelletto e l’oscurità del crimine, tra vita e morte. Una storia che, nonostante il suo tragico epilogo, ci ricorda il prezioso legame, destinato a durare al di là della morte, tra un giovane studente brillante e il suo adorato professore.

 

 

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