"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Qui Cacciatore di libri STOP Aldo Lo Presti ricevi? STOP

9 domande 9 a un oggetto volante non identificato dell’editoria

 

Qui pongo domande e ricevo risposte, ma questa non è un’intervista. L’intervistato pubblica libri, ma non è un editore. Si tratta di un autentico “publishing influencer“, ma anche molti addetti ai lavori non lo conoscono di persona. E non è tutto. Fate attenzione: questo messaggio si auto-distruggerà in pochi minuti…  Signore e signori: Aldo Lo Presti!

 

Spine, sigla editoriale ad Orvieto. Come ha avuto inizio tutto quanto?

L’omino che si punge con una rosa, tratto da un’incisione scovata in uno dei meravigliosi cataloghi di vendita della Libreria al Vascello di Roma, divenuto il marchio editoriale della “casa editrice” (e si scrivono queste parole con un certo imbarazzo), è stato determinante per dare il là alle prime, timidissime prove editoriali, tutte assai grezze, materiate di colle, righelli, fotocopiatrici, forbici e pazienza, in un tempo in cui non avevamo ancora la possibilità (e la voglia) di utilizzare il personal computer, ma bellissime e insuperabili ai nostri occhi innamorati. La tiratura – per così dire – era “vertiginosa”: tre sole copie, una per l’Autore, una per il nostro archivio e la terza per la locale Biblioteca.

E Spine è stato anche un modo per rendere omaggio alla famiglia di mia moglie, declinandone al plurale il patronimico, così, da sentirmi ancor di più a casa nella loro città d’origine, Orvieto.

Aldo Lo Presti (al centro) ad un evento del Centro Studi Pientini

Ai primi libretti illustrati di “poesia”, sono seguiti quelli dedicati ai maestri del fumetto, la nostra primissima passione cartacea, e agli articoli ritagliati dai quotidiani e riviste (quelli di Beniamino Placido e Giuseppe Pontiggia su tutti), ed, infine, ai volumi e volumetti dedicati alla “storia locale”, dapprima orvietana, poi pientina e, infine, ternana (con qualche puntatina nel Molise).

In tal modo abbiamo iniziato ad entrare in confidenza con numerosi studiosi (con alcuni dei quali siamo rimasti legati da un’amicizia più che decennale) via via coinvolti nelle nostre iniziative editoriali, come la rivista di studi orvietani Altastrana, giunta nel 2020 alla sua seconda serie.

Un titolo, questo, evocativo tratto da un verso di un poeta medioevale contemporaneo di Dante, Fazio degli Uberti, che nel Dittamondo trovò modo di cantare (descrivendola) la nostra città come “Alta e Strana”, laddove l’altezza è “oggettiva” e la stranezza deve assumere il significato che tale parola aveva ai suoi tempi, ovvero “esotica”, nell’accezione di suscitare meraviglia e curiosità.
Esattamente come eravamo intenzionati a fare con le nostre pagine, e il nostro catalogo. Un insieme di “titoli” a tiratura limitata quando non proprio limitatissima (ridotta, cioè alla solitudine di un’unica copia, rigorosamente gratuiti e a distribuzione amicale, inseguendo pertanto la lezione di Bonaventura Tecchi (1896-1968), intenzionato a scrivere e pubblicare i propri libri (e quanto più belli quelli autobiografici come nel caso di Un’estate in campagna, il suo migliore) per “creare” amicizia. In quanto a mantenerla, poi, quest’amicizia, è davvero tutt’altra impresa!

Oggi, siamo felici d’aver varato una collana di testi rari o inediti, che abbiamo denominato Le Librellule a specificarne il senso e la loro oggettiva brevità, una collanina di natura “natalizia” giunta al suo numero perfetto, il “sette”, come sette sono i colori dell’arcobaleno o le stelle dell’Orsa Maggiore, o il binario dal quale partiva il Treno Popolare dalla Stazione Termini per giungere alla città del Duomo nella pellicola d’esordio di Raffaele Matarazzo del 1933 (del quale film, ancora non siamo riusciti a rintracciarne il manifesto!).

 

Chi era Aldo Lo Presti prima di inventarsi la sua piccola casa editrice?

La bibliotecaria, di Ilja Erenburg (Orvieto-Roma, Edizioni Spine, [2020]).

Tecnicamente un calciatore (fino all’avvento di una “miopia” insuperabile). Poi un pittore (che non ha mai esposto). Poi un sociologo (prestato all’amministrazione pubblica), ma, sopra ogni cosa, editore, inventore cioè di una casa editrice talmente piccola da non potersi definire neppure “locale”, bensì “condominiale”!
Una casa editrice per la quale chi scrive ha assunto su di sé tutti i ruoli necessari al suo buon andamento: dattilografo, editor, segretario, correttore di bozze, rilegatore, stampatore, distributore, e postino, come Scheiwiller.

 

 

Chi è adesso e quale è la sua prossima vita?

Gesualdo Bufalino 100 anni, di Aldo Lo Presti (Orvieto-Roma, Edizioni Spine, [2020]).

La domanda è insidiosa. Rischiamo di trarre un bilancio della nostra “prima” esistenza, durante la quale ci siamo meravigliati a sufficienza. Una vita già lunga, che si rispecchia nei quadri (e incisioni) che abbiamo accatastato nelle nostre pareti, almeno quelle rimaste libere da scaffali giunti ormai al massimo della loro capienza, e che ci hanno regalato, in questi ultimi mesi di esili (quasi) volontari a casa, materia di numerosi post su Facebook, che abbiamo utilizzato come i carcerati impiegavano (e forse ancora impiegano) le mura delle celle: per trovare conforto.
Pertanto, speriamo che la nostra prossima vita (se ce ne sarà un’altra), somigli prepotentemente alla prima, con gli stessi affetti e gli stessi amori, e magari qualche altro libro pronto a stupirci per essersi fatto trovare da noi!

 

Autori, editori, collezionisti che hai conosciuto. Raccontaci qualche aneddoto dei tuoi

Nella nostra carriera di lettore onnivoro (che per istinto non ha mai fatto distinzione di genere o qualità) certamente abbiamo avuto l’occasione di incontrare persone di un certo “peso libreccio” in varie circostanze (sia pubbliche che private), ed ogni volta ne abbiamo tratto materia di riflessione. Indimenticabile è stato l’incontro con un bibliofilo di razza, che ha adattato un intero appartamento a biblioteca (come fece Pontiggia e moltissimi altri prima di lui) in Prati di Castello, generoso di prefazioni e versioni giapponesi dei suoi libri che, però, non siamo in grado di leggere, ma di venerare ed ammirare incondizionatamente sì, quale esempio di amicizia fattasi “cellulosa”!

Anche nel campo dell’editoria c’è stato spazio per ogni genere di incontro: abbiamo conosciuto diversi editori, in azione tra le pagine dei propri cataloghi, e tutti animati da un fuoco “editoriale” inestinguibile, capace di spostare scatole su scatole di libri da una fiera all’altra, da un magazzino all’altro, tra una resa inaspettata e una ristampa invece felicissima perché allo stesso modo inattesa. E indimenticabile, per ciò che riguarda la nostra carriera (si fa per dire) di autore, è stato l’incontro con un editore che, dopo aver insistito (non molto a dir la verità!) per poter pubblicare qualche nostro aforisma bibliofilo, ci ha suggerito, infine, e del tutto incomprensibilmente, di non pubblicizzare il libretto. Forse pentito della sua scelta?

 

Come ti imbatti nei libri che riempiono la tua vita?

All’inizio li abbiamo “trovati” a casa (come ad esempio il Comiso di “Amori d’oriente”, in un miscuglio di emozioni e pulsioni del tutto inedite), poi in edicola (dove si andava a comprare i fumetti, e, in seguito, gli ottimi Oscar), e poi, in un crescendo di scoperte e rivelazioni, nelle librerie, mercatini, bancarelle, case degli amici e amiche (e parenti acquisiti), e negli attesi cataloghi delle librerie antiquarie che arrivavano numerosi e puntuali per posta.
Oggi, al contrario, abbiamo smesso di cercarli, dal momento che sono i libri che hanno iniziato a chiamarci, sapendo di trovare accoglienza ed ascolto.

 

C’è un libro che volevi fortemente scrivere o pubblicare e poi – improvvisamente – ti sei accorto che qualcuno lo aveva già fatto prima?

Per nostra fortuna, rispetto a questa domanda, non abbiamo nessun rimpianto: piuttosto, è capitato il contrario, avendo avuto l’idea (e poi l’opportunità) di “stampare” prose giornalistiche, fumetti e romanzi (in primis tra quelli orvietani, in alcuni casi offrendo un primo piccolo palcoscenico ad autori ed autrici al loro debutto letterario, in seguito approdati ad altre sigle editoriali ben più visibili della nostra) prima di altre e meno effimere tirature!

 

Un ipotetico bibliofilo (o editore o collezionista o storico) dell’anno 2120 come pensi che giudicherebbe la produzione editoriale attuale?

Per i bibliofili, ecc., non sappiamo rispondere. Per gli “storici”, crediamo che potranno descriverla, in ragione della sua spropositata invadenza, alla stregua di un classico “fenomeno” sociologico, da comprendere, cioè, nella sua fattispecie di “numero & umanità”, in una interconnessione così stretta da permettere di estrapolarne “leggi” quanto più universali possibili. Così, e non altrimenti, si arriverà a descrivere, ad esempio, l’esercito di “investigatori” di carta in azione in tutti i mille e più comuni che formano il tessuto connettivo della nostra società, a specchio, cioè, d’una “inquietudine” che travalica le generazioni, riguardo ad un “futuro” che appare sempre più carico di incognite.
“Investigatori” in azione persino nelle terre frusinate e in particolare nelle campagne di Strangolagalli.
Una terra, quest’ultima, che ci ha visto inseguire, d’estate, ragazzine dalle trecce dorate, ficcarci in cantine odorose di vino, pronte a rivelare elmi guerreschi puntuti e spaventosi, insieme a zappe, coltellacci, lupini e meravigliose moneta da collezione!

 

Come ci vedranno le generazioni future?

Se lo sapessimo, lo scriveremmo. Ad ogni generazione, il proprio metodo e i propri affanni conoscitivi!

 

Parlaci di un libro preso non proprio a caso dalla tua libreria. Dicci qualcosa che già non sappiamo.

Giù la piazza non c’è nessuno, di Dolores Prato (Torino, Einaudi, 1980) – 1° ed.

Giù la piazza non c’è nessuno, di Dolores Prato (Milano, Mondadori, 1997).

Tutti i libri dei miei scaffali (e purtroppo non ne abbiamo mai abbastanza) sono libri che parlano una propria lingua, e tutti sono egualmente necessari alla nostra passione bibliofila (e in parte al nostro lavoro).
Ogni volume è significativo per una qualche ragione e tutti, prima o poi, si possono manifestare egualmente fertili.
Ma potendone, oggi, indicarne uno, magari da ricercare sul web (quale ultima, per ora, frontiera del collezionismo librario) non abbiamo dubbi: indicheremmo l’ultimo che ha acceso la nostra curiosità.
Si è trattato di rintracciare la prima edizione Einaudi del romanzo di Dolores Prato, Giù la piazza non c’è nessuno, dalla storia editoriale splendidamente travagliata, stretta tra le ragioni di appetibilità editoriali ben chiare alla Ginzburg (che ne fece, da par suo, un capolavoro) e quelle (sia pur legittime) dell’autrice che avrebbe voluto veder pubblicato il suo dattiloscritto integralmente, e non ridotto di più della metà delle sua cartelle.
Ebbene, è stato soltanto grazie al “magico mondo” di internet che siamo riusciti a trovare questa prima edizione dopo affannose ed inutili ricerche tra la bancarelle, scoprendo successivamente che avremmo dovuto recuperarne un’altra, altrettanto rara, per completare la nostra piccola raccolta di “fiori” letterari lasciati alla completezza del loro “Prato”.
Parliamo, cioè, della prima edizione Mondadori della versione completa del romanzo della scrittrice romana ma treiese d’adozione, che precede l’ultima ristampa per Quodlibet, che si è faticato non poco a trovare. Attualmente l’edizione Mondadori è sparita dai siti di compravendita, in ragione della nostra, felice, ultima acquisizione!

 

 

Disponibilità dei libri citati & affini (sempre aggiornato)

 

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Giù la piazza non c’è nessuno. PRATO DOLORES (1892-1983). Einaudi (Nuovi coralli, 268), Torino (1980)

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Disponibile su ABEBOOKS
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le aste sono in continuo aggiornamento
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