"Ci sono libri che da prede si trasformano in predatori. Temete i loro morsi, bibliofili"

 

Massacri e atrocità dei nazi-fascisti, di Ugo Caimpenta [Gian Dàuli] (Milano, Lucchi, [1945]).

 

 

 

 

 

 

Gian Dàuli: una vita tra carta e inchiostro, lo strepolo di Vicenza che ha reso le parole un viaggio

Di una cosa possiamo essere sicuri: la vita di Gian Dàuli, dietro alla vesti del suo pseudonimo (un altro fu Ugo Caimpenta), nasconde una storia che si mescola tra le pagine di mille libri, tra migliaia di parole, tra le sue numerose identità.

 

Vicentino di nascita, Gian Dàuli – pseudonimo di Giuseppe Ugo Virginio Quarto Nalato – fu una figura eclettica e poliedrica che riuscì ad abbracciare non solo l’arte della scrittura, ma anche quella della traduzione e dell’editoria, lasciando un segno indelebile nel mondo della letteratura italiana dell’epoca.

Il suo approccio al mondo della scrittura fu tutt’altro che convenzionale: la sua aspirazione non era già quella del giovane uomo comune di Vicenza. Dopo aver completato i suoi studi in ragioneria, partì per l’Inghilterra, promettendo di inviare articoli al giornale l’Adriatico. Dopo quasi tre anni a Liverpool, dove approfondì la lingua inglese e si avvicinò alla letteratura decadente e simbolista inglese e francese, Dàuli fece rientro nella sua Vicenza natale con una valigia piena di sogni e di parole.

Il tragico suicidio dello zio Pietro, fondatore della Banca Popolare di Torrebelvicino, e il conseguente crollo finanziario della famiglia Nalato determinarono una svolta nella vita di Gian Dàuli. Trasferitosi a Roma, si lanciò infatti nel mondo editoriale, fondando “Mundus Echo Internazional“, giornale poliglotta che pubblicava apprezzate opere futuriste.

Nello stesso periodo, nell’ambiente della Roma elettrizzante e pluralista, Dàuli riuscì a far circolare un nutrito gruppo di nuovi giovani scrittori, quali Marinetti, Tozzi e Rebora. Ma gli avversi destini economici lo costrinsero a lasciare il capoluogo e a fare ritorno a Vicenza nel 1915.

Nonostante le battute d’arresto e i rovesci finanziari, Dàuli ha contribuito alla diffusione in Italia di importanti autori stranieri, dimostrando un’acuta intuizione delle tendenze letterarie internazionali.

Ancora oggi, memore della sua opera come traduttore, dobbiamo a lui la prima traduzione italiana di “Viaggio al termine della notte” di Céline. Inoltre, sotto lo pseudonimo di Ugo Caimpenta, ha spesso scritto dagli Stati Uniti per vari giornali e redatto opuscoli e libelli “scomodi”, come Massacri e atrocità dei nazi-fascisti.

Scrittore prolifico, Dàuli ha avuto un ruolo di primo piano nell’editoria italiana dell’epoca, riuscendo a portare in Italia quella che oggi chiameremmo una “squadra di editor”, giovani capaci di tradurre un libro in pochi giorni e di creare i cosiddetti “instant book“.

Nel grigiore del dopoguerra, Gian Dàuli si spegne nella sua Milano adottiva, il 29 dicembre del 1945, non senza aver però lasciato un’eredità di parole che, ancora oggi, continuano a risuonare nella letteratura italiana.

 

Un opuscolo scomodo e pericoloso

Massacri e atrocità dei nazi-fascisti fu un opuscolo con una dirompente documentazione fotografica. Dalla copertina: “Potremo mai dimenticare la bestialità fascista che infilava in un bastone la testa di una creatura di Dio colpevole di amare la libertà e la giustizia?. All’interno foto di impiccagioni, cadaveri a terra. Dal sommario: La strage delle fosse Ardeatine; Roma, via Tasso; I martiri di piazzale Loreto; Le stragi di Parma; Atrocità nei pressi di Forlì; Il campo di concentramento di Bolzano; Il campo di concentramento di Fossoli; Fucilazioni in provincia; Altre tragiche fosse; Le stragi di Fondo Toce e di Baveno. Disponibile in sole tre biblioteche aderenti al Sistema Bibliotecario Nazionale.

 

 

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