"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Un testo sfortunato ma che sarà presto il libro cult di una generazione

(o forse non lo sarà mai)

 

In Italia, a quanto pare, solo l’editore Sartorio di Pavia ha preso in considerazione la traduzione del controverso autore scozzese James Kelman (nato a Glasgow nel 1946), balzato alle cronache all’inizio per la vincita del Booker Prize con il romanzo How late it was, how late (London, Secker & Warburg, 1994). Proprio questo romanzo, tradotto con il discutibile titolo di Troppo tardi, Sammy è stato pubblicato in prima (ed unica) edizione da Sartorio di Pavia nel 2006, con ben dodici anni di ritardo dall’uscita nel Regno Unito. Nella galleria fotografica che segue si possono vedere le copertine dell’edizione inglese e di quella italiana:

Libro abbastanza scomparso dalla scena, probabilmente a causa di una bassa tiratura. Ne è apparsa una copia in vendita su eBay agli inizi del 2022 e poi basta. Deve considerarsi nel complesso un libro raro da reperirsi. Va detto che la prima edizione inglese, specialmente se autografata, raggiunge quotazioni considerevoli, anche alcune centinaia di euro.

 

Che cosa c’è dietro questo libro?

Il linguaggio che Kelman usa nel suo romanzo è forte, rude, a tratti scurrile. Pur vincendo il Booker Prize, alcuni giudici del premio si dissociarono. La pubblicità negativa che ne scaturì, secondo Kelman, avrebbe influenzato le vendite del libro e soprattutto reso gli editori più reticenti nel voler lavorare con lui.

Ne è nata una vera e propria lotta di classe. Il dibattito sull’uso di questo linguaggio cosiddetto “offensivo” è stato ampliato in fondo dallo stesso Kelman, il quale da tempo sostiene che l’inglese standard dei romanzi tradizionali sia irrealistico e che nessuno nella vita di tutti i giorni parli realmente così. Nel suo saggio The Importance of Glasgow in my Work, Kelman genera un confronto serrato e impietoso tra la classe operaia e dei personaggi scozzesi con quelli del tradizionale protagonista inglese della “classe superiore”.

Kelman fa notare – non senza polemica – come la gente comune, i diseredati, gli ubriaconi, i delinquenti in realtà non possono parlare un corretto inglese e che questa loro impossibilità dovrebbe essere trasferita nei romanzi, per renderli credibili. Il loro frasario è costituito da espressioni e luoghi comuni rozzi, volgari, gergali. E dice anche che le classi superiori oggi adottano frasi e terminologie di cui non c’è traccia o corrispondenza alcuna nella maggior parte dei romanzi contemporanei inglesi.

L’attivismo politico di Kelman, inoltre, lo ha portato a scontrarsi con istituzioni e ideologia del bel pensare. Con chi sosteneva, ad esempio e per convenienza politica, che la stessa città di Glasgow esista oggi grazie all’opera di imprenditori e politici lungimiranti del XVIII secolo. Tali imprenditori (i mercanti del tempo) – sostiene invece Kelman – erano persone che trafficavano nel degrado, causando innumerevoli sofferenze, morte e fame a migliaia e il loro unico scopo era arricchirsi e prosperare. Queste prese di posizione unite alla scelta di praticare un uso quasi ossessivo del glesca, il dialetto di Glasgow, nei suoi lavori gli hanno attirato discredito e buona parte degli editori – che in genere rappresentano gruppi di potere importanti – gli hanno voltato le spalle.

Molto probabilmente, anche in Italia c’è stato una sorta di veto per la pubblicazione dei suoi romanzi, che solo un piccolo e agguerrito editore poteva permettersi di ignorare. Anche chi ha lavorato alla traduzione è convinto che Kelman sia un autore che fa paura! Forse la casa editrice perfetta per lui in Italia oggi potrebbe essere Adelphi, se non fosse che in Via San Giovanni sul Muro probabilmente lo trovano un po’ troppo ostico…
Dice Flavio Santi: “Da noi la letteratura scozzese non suscita grande interesse. Ma anche Robert Louis Stevenson era scozzese!”

 

Qualcosa sulla casa editrice Sartorio

La traduzione eroica in italiano di How late it was, how late la dobbiamo al duo di traduttori Massimo Bocchiola e Flavio Santi. Il tutto fa capo alla Sartorio Edizioni di Pavia. Casa editrice che nasce nel 2005 e arde di fuoco sacro per i successivi tre anni. Il fondatore, Cristian Sartorio (classe 1969), ex libraio e specializzato in pubblicazioni scientifiche, si fa conoscere nel 2005 pubblicando un libro di poesie dell’ex tennista e scrittore Gianni Clerici (uno dei maggiori esperti di tennis al mondo). Si tratta di Postumo in vita (Pavia, Sartorio, 2005), libro che – salvo incidentali disponibilità – si è fatto raro e rappresenta un aspetto introspettivo e originale del celebre esperto di tennis.

La casa editrice ha scommesso su alcuni autori, traducendoli per la prima volta in Italia. Per esempio l’anglo-cinese Peter Ho Davies (nato a Coventry nel 1966) che fece esordire in Italia con Aspettando Lady Godiva nel 2005, titolo originale: The Ugliest House in the World (London, Granta, 1997). Il libro non vendette bene (in Italia) e passò inosservato. L’autore, però, anche a livello internazionale, nel frattempo non ha mantenuto le promesse della fine degli anni ’90, quando appariva come uno dei possibili crack della sua generazione. Oggi per 30 dollari americani si può comprare una prima edizione autografata del suo romanzo d’esordio.

Di Barry Gifford (nato nel 1946) la raccolta I vecchi tempi e altre storie approdò in Sartorio nel 2005, libro n. 3 della collana dell’editore pavese; ma di questo autore americano rimane soprattutto ricercata la prima edizione di Cuore selvaggio (Milano Frassinelli, 1990), da cui fu tratto il celebre omonimo film di David Lynch nello stesso anno, trionfatore al Festival di Cannes.

 

 

 

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