"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Vittorio Emanuele Bravetta: il poeta, il patriota, lo scrittore

 

Vittorio Emanuele Bravetta, nato a Livorno il 1º dicembre 1889 e deceduto a Roma il 24 dicembre 1965, si distinse come un poliedrico poeta, scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano. Figlio dell’ammiraglio Ettore e di Cleonice Bolchi, Bravetta crebbe in una famiglia di ferventi patrioti, un’esperienza che segnò profondamente il suo impegno verso la causa nazionale, riflessa sia nella sua opera giornalistica che nelle sue pubblicazioni letterarie.

La carriera di Bravetta iniziò nel giornalismo, contribuendo al quotidiano Il Tirreno della sua città natale. Sin da giovane si distinse per il suo giornalismo militante in difesa della causa nazionalista, un’impronta che lo accompagnerà per gran parte della sua vita. Successivamente, si trasferì a Torino, dove collaborò con la Gazzetta del Popolo e trovò impiego come direttore artistico e soggettista per la casa cinematografica Ambrosio Film, avviando così la sua carriera di sceneggiatore nel cinema muto.

Durante la Grande Guerra, Bravetta si distinse ancora una volta come uomo di lettere, componendo versi ispirati dalle esperienze belliche, raccolti successivamente in “Ali e bandiere” (1918), una testimonianza poetica delle imprese dei soldati italiani durante il conflitto.

La versatilità di Bravetta si estese anche alla narrativa, dove scrisse numerosi romanzi e racconti di carattere educativo, spesso incentrati su temi patriottici. Tra le sue opere di rilievo si annovera il romanzo “Il bimbo che si svegliò gigante” (1930), un racconto avvincente che affronta temi di crescita, coraggio e identità nazionale. Il romanzo catturò l’immaginazione di un vasto pubblico, affascinato dalla capacità di Bravetta di intrecciare narrativa avvincente e messaggi patriottici senza rinunciare al lirismo e alla profondità dei personaggi.

La sua adesione al Fascismo influenzò significativamente anche la sua produzione letteraria. Bravetta fu autore di diversi inni fascisti e di opere improntate all’ideologia del regime, riflettendo la sua convinta adesione alle istanze e ai valori del Fascismo.

Nel corso della sua vita, Bravetta non si limitò alla scrittura, ma si impegnò anche in altre forme espressive, dirigendo la collana “I Condottieri” edita da Paravia e assumendo la direzione della sezione letteraria della Jandi Sapi negli anni quaranta.

La sua vasta produzione letteraria e giornalistica continuò a suscitare interesse anche nel dopoguerra, con opere come “Il «Cuore» non invecchia” (1947), un seguito di “Cuore” di De Amicis caratterizzato da elementi patriottici e violenti, che confermò la sua presenza significativa nel panorama culturale italiano.

Vittorio Emanuele Bravetta è stato dunque una figura di spicco nel panorama culturale italiano del XX secolo, la cui opera ha influenzato sia il suo tempo che le generazioni successive. Il suo contributo, caratterizzato da un forte legame con la tradizione e l’identità nazionale, rimane un patrimonio significativo della letteratura italiana.

 

Il bimbo che si svegliò gigante

Il bimbo che si svegliò gigante (Torino, Società Editrice Internazionale, 1930) è un romanzo breve di genere fantastico. Si tratta di un’opera assai rara, di cui solo cinque biblioteche pubbliche ne detengono una copia.

In realtà gli intenti dell’autore erano meramente educativi e patriottici, lungi da lui l’idea di produrre un antesignano di filoni letterari che avrebbero poi nei decenni a venire conquistato il pubblico di tutto il mondo come, nel nostro caso, quello del genere fantastico.

 

 

 

 

 

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Il seguito di “Cuore”

 

 

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