"Ci sono libri che da prede si trasformano in predatori. Temete i loro morsi, bibliofili"

Le mani rosse sulle forze armate, di Flavio Massalla, pseud. (Roma, Centro Studi e Documentazione sulla guerra psicologica, 1966).

Le mani rosse sulle forze armate, di Flavio Massalla (Roma, Centro Studi e Documentazione sulla guerra psicologica, 1966) fu un libro che fece molto parlare di sé quando uscì. Secondo alcuni fu voluto fortemente da Giuseppe Aloia, che nel 1966 era Capo di Stato Maggiore della Difesa. Flavio Massalla sarebbe un caso di pseudonimo dei due veri autori del libro, cioè Guido Giannettini e Pino Rauti. Giannettini fu un attivista di destra e giornalista; reclutato dal SID, fu impiegato come agente dell’intelligence nelle indagini sulla strage di Piazza Fontana del 1969; Rauti, anch’egli giornalista e poi segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano e di altre sigle di destra.

 

Perché il libro è importante

Nel 1966 all’interno delle Forze Armate italiane (ma anche al di fuori di esse) c’era un feroce dibattito sulla necessità di neutralità politica delle Forze Armate stesse. In questo clima, di tensione e di aspra polemica, venne fuori un pamphlet, ossia Le mani rosse sulle forze armate, che a quanto pare fu recapitato per posta (assieme a un volantino). Ha ricostruito la vicenda Vladimiro Satta in I nemici della Repubblica: storia degli anni di piombo (Rizzoli, 2016), da cui riporto uno stralcio:

“Altri due importanti snodi dei rapporti instauratisi tra estrema destra e Forze Armate furono un libro e una specie di volantino recapitato per posta. Il libro si intitolava Le mani rosse sulle Forze Armate e apparteneva al genere dei pamphlet e, come si dice oggi, degli Instant books. Uscito nel gennaio 1966 recava la firma pseudonima di Flavio Messalla, dietro la quale si nascondevano Edgardo Beltrametti, Guido Giannettini e Pino Rauti. Il volume, che era stato commissionato da Aiola, elogiava il committente, lo difendeva dalla “campagna scandalistica delle sinistre contro di lui”, mentre criticava fino alla denigrazione il suo rivale Generale de Lorenzo accusato di errori, contraddizioni e spregiativamente etichettato come neutralista. Se i comunisti stavano riuscendo a mettere le mani sulle forze armate, la colpa era di de Lorenzo che non li contrastava. Il concetto di apoliticità delle forze armate, da lui affermato in polemica con Aloia, era una patetica ma pericolosa illusione; bisognava prendere atto di vivere in un’epoca di guerra rivoluzionaria, nella quale “tende a scomparire […] Il vecchio confine fra guerra e pace” e ricordarsi, invece, che l’Italia aveva obblighi verso l’Occidente e doveri ancora più precisi in materia [di] lotta al comunismo internazionale”. Aloia poteva sentirsi soddisfatto. La collaborazione del neofascisti gli aveva dato i frutti desiderati e contribuì all’affossamento di de Lorenzo, culminato nel l’inconsueto provvedimento di destituzione di quest’ultimo nell’aprile 1967. Giannettini fu ricompensato personalmente a stretto giro, in quanto nell’ottobre 1966 Aloia lo fece diventare collaboratore retribuito del SID. Per i neofascisti, comunque, i buoni rapporti stabiliti con la difesa e addirittura il suo Capo di Stato Maggiore nel 1965-1966 erano un’occasione politica, prima di tutto. Essi pertanto, sull’onda della corrente favorevole di quel periodo, fecero il passo che avrebbe dovuto coronare la loro strategia: rivolsero un diretto appello politico ai militari. Il testo fu inviato per posta a parecchie centinaia di ufficiali nell’autunno 1966. Il messaggio era anonimo ma conteneva un invito a entrare nei nuclei di difesa dello Stato (NDS), una sigla rimasta misteriosa che successive indagini giudiziarie sui progetti golpisti degli anni Settanta ipotizzeranno identificarsi con i protagonisti di questi ultimi, ma senza giungere a conclusioni sicure. Sui nomi e cognomi dei redattori dell’appello mancano certezze assolute, a differenza di quelli che si erano celati dietro uno pseudonimo all’uscita di Le mani rosse sulle forze armate. comunque dovrebbero essere ordinovisti e, in particolare, si ritiene che vi abbiano collaborato anche Freda e Ventura.”

Le mani rosse sulle forze armate, di Guido Giannettini e Pino Rauti (Roma, Savelli, 1975).

Nel 1975 l’editore Savelli, da sempre considerato espressione della Nuova Sinistra, stampa una seconda edizione di Le mani rosse sulle forze armate, stavolta con la firma in copertina di Guido Giannettini e Pino Rauti (Roma, Savelli, 1975). Sempre in copertina, la frase: Il libro voluto da Aloia e fatto ritirare da Henke. E poi: un libro decisivo per capire come i fascisti, generali e golpisti teorizzano l’uso delle Forze Armate nella guerra civile. Il libro, ma solo l’edizione del 1975, contiene un foglietto ripiegato con una lista di ministri e alti ufficiali.

 

Trovabilità delle due edizioni

Praticamente introvabile l’edizione del 1966, qualcuno dice che fu fatta ritirare (il libro fu probabilmente rastrellato) su ordine dell’Ammiraglio Eugenio Henke, primo direttore del SID, e quindi a capo dell’intelligence del tempo. Per molti anni questo libro è stato cercato strenuamente e diverse copie sono andate a finire in circoli politici o sezioni di partito da dove, prima o poi, qualcuna potrebbe uscirne. Negli ultimi tempi una copia è stata venduta su eBay a 35€.

L’edizione del 1975 è di scarsa reperibilità, ma alcune copie si notano in vendita.

 

 

C’è anche un’edizione pirata

A. d. F. mi segnala la copia di una edizione pirata, circolante sicuramente negli anni della prima edizione. A seguire la galleria fotografica con le immagini della copertina e di alcune pagine interne:

 

 

 

Disponibilità del libro (sempre aggiornato)

 

 

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